In mezzo alla pressione per implementare soluzioni generative e agentiche, sta emergendo una domanda familiare: “Esiste una bolla dell’intelligenza artificiale e sta per scoppiare?”
Per molte organizzazioni, questa nuova ondata di intelligenza artificiale generativa e agente è ancora in fase sperimentale. L’obiettivo principale, e il risultato più a portata di mano, è stato l’interno. La maggior parte delle aziende si rivolge all’intelligenza artificiale per aumentare l’efficienza, ad esempio automatizzando i flussi di lavoro o ottimizzando l’assistenza clienti. Il problema è che questi guadagni si stanno rivelando sfuggenti.
Ben Gilbert, vicepresidente di 15 regalisottolinea che “questi benefici spesso richiedono anni per mostrare rendimenti reali e sono difficili da misurare oltre al risparmio di tempo”.
È qui che iniziano a mostrarsi le crepe. La fretta di schierarsi sembra spiacevolmente familiare e, per alcuni, può dare sensazioni di disturbo da stress post-traumatico.
“La tendenza delle aziende a tuffarsi a capofitto in progetti o soluzioni di intelligenza artificiale rispecchia modelli che abbiamo visto più e più volte nelle precedenti bolle tecnologiche, come l’era delle dot-com”, spiega Gilbert.
Questo divario tra la spesa sperimentale e il profitto misurabile è proprio il punto in cui la bolla è più debole.
Gilbert sostiene che i progetti di intelligenza artificiale che “si concentrano su guadagni di efficienza e forniscono un ROI poco chiaro o ritardato” saranno i primi a fallire a causa dello scoppio di una bolla. Quando gli investimenti “rischiano di diventare esperimenti costosi anziché strumenti redditizi”, la ritirata è inevitabile.
“Potremmo vedere i budget restringersi, le startup chiudere e le grandi imprese rivalutare le loro strategie di intelligenza artificiale”, afferma Gilbert.
È un avvertimento supportato dai dati. Gartner lo ha già fatto previsto “che oltre il 40% dei progetti di intelligenza artificiale falliranno entro il 2027 a causa dell’aumento dei costi, delle sfide di governance e della mancanza di ROI”.
Quindi, cosa separa una strategia di intelligenza artificiale praticabile che potrebbe sopravvivere allo scoppio di una bolla da un esperimento costoso? Gilbert suggerisce che si tratta di sfumature umane; qualcosa che molti progetti trascurano nella fretta di automatizzare. C’è una curiosa discrepanza, osserva: “Perché l’intelligenza artificiale è stata abbracciata così pienamente nell’aumento dell’efficienza e nel supporto ai clienti, ma non nelle vendite?”.
La risposta potrebbe essere che gli algoritmi sono molto preziosi per vagliare i dati per informare il processo decisionale, ma i consumatori vogliono anche il coinvolgimento, l’intuitività e la fluidità dell’interazione umana. Il successo, quindi, non consiste nel sostituire le persone, ma nel loro potenziamento.
Gilbert sostiene che “l’intelligenza artificiale dovrebbe essere insegnata da persone reali, in modo che possa comprendere le sfumature del linguaggio, dei bisogni e delle emozioni umane”. Ciò richiede un processo trasparente, in cui “l’annotazione umana delle conversazioni guidate dall’intelligenza artificiale può aiutare a stabilire parametri di riferimento chiari e perfezionare le prestazioni di una piattaforma”.
È improbabile che lo scoppio totale di una bolla dell’IA sia imminente. Gilbert spiega che è più probabile che assistiamo a una “correzione del mercato piuttosto che a un collasso completo” e che il potenziale di fondo dell’intelligenza artificiale rimane forte. Tuttavia, l’hype si sgonfierà.
Per i leader aziendali, il percorso da seguire richiede un ritorno ai principi fondamentali. “I progetti di intelligenza artificiale, siano essi basati su pubblicità o valore aziendale, devono rispondere a un bisogno umano reale per avere successo”, afferma Gilbert.
Che si tratti di una bolla o di una sana correzione del mercato, questo periodo di raffreddamento potrebbe anche essere una buona cosa, offrendo alle aziende la possibilità di concentrarsi sulla qualità dell’intelligenza artificiale piuttosto che sulla pubblicità e su un’etica più intelligente. Per quanto riguarda i CIO e i CFO che gestiscono i budget, Gilbert ritiene che i marchi che prospereranno “saranno quelli che utilizzeranno l’intelligenza artificiale per migliorare le capacità umane, non per automatizzarle”.
“Senza empatia, trasparenza e intuizione umana, anche l’intelligenza artificiale più intelligente è destinata a fallire”.

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Fonte: www.artificialintelligence-news.com
